‘I PENSIERI DI UN COMPOSITORE’ DI GIOVANNI D’AGOSTINO
di Raffaele Polo_______
In una ariosa e accattivante veste (Tharsys Edizioni), dotata addirittura di segnalibro che riporta l’immagine di copertina (la significativa riproduzione della Veronica Veronese di Dante Gabriele Rossetti (nella foto), che già di per sé dà un senso agli elaborati racchiusi nel libro), si presentano i ‘Pensieri di un compositore’ di Giovanni D’Agostino, illustre cittadino di Leverano, medico, musicologo e poeta.
Diciamo subito che conosciamo da tempo Giovanni e la sua passione per la musica; soprattutto per quella forma di ‘lirica’ che non finisce mai di stimolare chi la frequenti a formulare nuove arie, nuove trame, nuovi accordi che perpetuino le immortali composizioni di Verdi, Puccini, Rossini, Bellini, Mascagni, Donizetti e via dicendo. E D’Agostino è, in realtà, un compositore di talento, con al proprio attivo tante opere e operine, composizioni di vario spessore e durata che sono ricche di sollecitazioni ed inventive e meriterebbero senz’ altro la conoscenza e la rappresentazione. Ma, in questo settore, non è facile riuscire a portare alla fase finale un’opera complessa come quella lirica che vuole il coinvolgimento di orchestra, solisti, scenografi e luoghi adatti alla performance. Soprattutto, necessita dell’amore degli appassionati che, duole dirlo, non sono certamente moltissimi e pare debbano, col passare del tempo, diminuire sempre più.
Figlia di un mondo totalmente diverso da quello attuale (e, proprio per questo, certamente giudicabile con favore e nostalgia) la ‘lirica’ ha ritmi e liturgie immutabili. Che non sono per nulla facili e finiscono per ritagliarsi un posto a sé stante nella moltitudine delle Arti, destinato ad avere poco spazio.
In questa bella raccolta D’Agostino inizia, senza parere, a dipanare i suoi temi più congeniali: la morte, l’odio, l’inquinamento, il tradimento, la delusione, il male causato dall’ uomo. Poi l’armonia sembra impreziosirsi e si affrontano le bellezze della nostra terra per concludere in quella che ci pare la più riuscita delle scansioni in cui è diviso il testo: l’opera teatrale ‘All’osteria dell’Aldilà’. E qui, con verve e accortezza, l’autore mescola sapientemente tematiche e topoi letterari, riuscendo a far convivere Tito Schipa, Carmelo Bene, Papa Caleazzo (da lui ribattezzato Cagliazzu, con tipico vezzo di librettista) con San Paolo e col maestro Luigi Stifani, troppo spesso trascurato dalla nostra cultura salentina.
Una accattivante operina che è impreziosita da alcune arie che sarebbe bello poter gustare con musica e rappresentazione scenica. Viene da pensare, a questo punto, all’intermezzo de ‘La serva padrona’ che tanto lustro ha dato al suo compositore, per la vivacità e la freschezza del contesto musicale e scenico. Ottima lettura, allora, questo bel libro di Giovanni D’Agostino. E una sollecitazione a chi si occupa di organizzare rappresentazioni teatrali e musicali, perché tenga da conto il nome e la produzione del bravo medico di Leverano.