LA DIASPORA AFRICANA NELLE FOTO DI ATONG ATEM IN MOSTRA A LECCE AL LO.FT DI VIA SIMINI
di Mariagrazia De Giorgi______ LO.FT locali fotografici è il nuovo punto di riferimento culturale per chi ha voglia di ammirare le ultime novità riguardanti la fotografia d’autore, la cultura visuale e l’editoria. Tra le varie attività c’è quella di tornare a fare, nel vero senso del termine, cultura materiale, costituendo un vero e proprio laboratorio di progettazione editoriale, rivolto ad autori emergenti e non, un laboratorio per bambini, una libreria con saggi, riviste e libri fotografici di case editrici indipendenti. Presenti i grandi testi dell’editoria fotografica da poter consultare e acquistare, si organizzano workshop e mostre con autori nazionali ed internazionali.
Per spiegare LO.FT con due parole si potrebbe dire che sono due locali commerciali sottratti al collettivo urbano, usati come centro culturale dove poter consultare libri bevendo un buon caffè. LO.FT rappresenta, pertanto, un’opportunità di crescita culturale per chi volesse accostarsi al messaggio dell’arte. Questo centro diventa un punto di riferimento importante, assente prima, sia per la collocazione che per la finalità, si avvale della collaborazione di realtà consolidate italiane ed estere e di autori presenti nel panorama della fotografia contemporanea.
In questo ambiente alternativo, situato in Via Simini 6/8, si inserisce la mostra “The Studio Series” della fotografa e scrittrice sudanese Atong Atem a cura di VICURE e LO.FT.; dal 19 maggio al 20 giugno 2017.
Atong Atem è una giovane artista e scrittrice sudanese che vive a Melbourne, in Australia, il cui lavoro si concentra sugli anni del post-colonialismo africano, incentrandosi sulla ricerca dell’identità culturale nera attraverso il ritratto. Il termine Diaspora (dispersione), pur rimandandoci ad un contesto decisamente ebraico, descrive la migrazione di un intero popolo costretto ad abbandonare la propria terra natale per disperdersi in diverse parti del mondo. Ed è proprio questo che l’artista sembra voler comunicare, si può dividere un intero popolo ma non lo si può privare della dignità e della sua identità culturale, anzi serve un impegno maggiore per diffonderla e farla conoscere.
L’artista, dunque, decide di affrontare questo difficile tema attraverso la cultura iconografica africana, i linguaggi visuali “black”, tradizioni legate alla diaspora, costantemente sul filo del rasoio tra tradizioni, innovazioni e cambiamenti culturali causati dal colonialismo e dal post-colonialismo. “Quando si parla di Africa, il rischio è che siano sempre gli altri a raccontarla, è così nella storia, nella letteratura e anche nella fotografia, ecco perché la storia dell’Africa è la storia secondo gli altri, i non africani, i colonizzatori.” (Avvenire- Riscatto Africano- 23 gennaio 2017)
Lo stile dell’artista rientra, pertanto, nei canoni tradizionali del ritratto, storiche fotografie tradizionali che, molto spesso, si possono ritrovare nelle memorie familiari. Immagini luminose e colorate, raffiguranti un momento difficile della storia africana, tra tradizione e trasformazione; che spingono l’autrice a continuare questo lavoro e questa tradizione, celebrando il suo popolo, quasi a voler fare un patto di sangue con le proprie origini.
L’obiettivo della fotografia africana è quello di moltiplicarne le prospettive, allargandone le visioni e gli orizzonti, del resto la fotografia degli afro-americani voleva e vuole superare lo stereotipo dei neri come vittime di oppressione sociale, combattendo nel contempo i vari cliché che connotano questo popolo. Per far questo l’artista si avvale dei colori più belli della sua terra, che non sono i colori della pelle ma i colori dell’anima, il tutto è permeato da un velo nostalgico per ciò che la sua Africa rappresenta.