RIFONDAZIONE COMUNISTA SOSTIENE IL CANDIDATO A SINDACO DI LECCE BENE COMUNE LUCA RUBERTI
Riceviamo e volentieri pubblichiamo. La Federazione Provinciale di Lecce di Rifondazione Comunista ci manda il seguente comunicato_____
CON LUCA RUBERTI PER LECCE
Lecce, città che negli ultimi decenni ha vissuto di un’autoreferenzialità e ha celato e fomentato i suoi problemi. Lecce ha bisogno di progettare il suo futuro partendo dai contenuti. Progettando i contenuti.
Si aspirava a far diventare Lecce una Smart City. Si è parlato tanto di tecnologia, di quella tecnologia che doveva migliorare la qualità della vita dei cittadini. Ma così non è stato, la sola tecnologia non poteva risolvere le criticità di una città che ancora presenta grossi problemi. Lo dicono tutti, compresi i candidati sindaci che sono andati e che vanno sotto braccio con l’amministrazione uscente.
L’immagine dei corpi dei due senzatetto estratti dalle macerie, nel 2014, generate dal crollo di una struttura dove trovavano riparo la notte, sono esempi di vite spezzate e umiliate a cui si aggiungono le questioni di sempre: il diritto alla casa negato, i distacchi dalla rete idrica, gli sfratti, le periferie trascurate, gli edifici pubblici oggetto di abbandono o di vendita al migliore offerente.
Gli sgomberi. Quelli avvenuti negli ultimi due anni. Quello del binario 68 e quello dell’ex asilo nido Angeli di Beslan. Bisogna partire da queste azioni per comprendere il progetto della politica leccese e la miopia dei sostenitori della stessa. Una città che denuncia l’assenza di spazi di aggregazione che non siano quelli vicini all’establishment, una città che soffre dell’abbandono dei luoghi periferici.
C’è stato chi si è assunta la responsabilità di dare un’opportunità alla città, come d’altronde succede in altri luoghi d’Italia. I centri sociali rappresentano un luogo dove a farla da padrona sono i contenuti, il confronto, la denuncia, il mutualismo. Spazi dove si elaborano considerazioni critiche rispetto al pensiero e all’azione dominante e con il quale altre amministrazioni in Italia dialogano e cercano di creare sinergia. Perché un’amministrazione lungimirante e attenta comprende bene quando è il momento dell’autorganizzazione dei cittadini. E lo permette perché sa che essa nonpuò farlo per svariati motivi, primo fra tutti quello economico. E allora nascono situazioni che coinvolgono gli abitanti dei quartieri, sottraggono al degrado, al vandalismo e all’azione criminale spazi pubblici. Li riconsegnano ai cittadini che a loro volta partecipano alle attività, perché sentono il desiderio progettare il loro territorio.
A Lecce invece succede il contrario. Si sgombera perché tutto deve scorrere come è sempre stato.
Tutto deve rimanere sotto la cappa dell’omologazione congeniale a questa classe politica che diversamente non potrebbe sopravvivere. Tutto si fa affinché a Lecce non succeda mai niente. E se poi un giornalista si permette di criticare l’operato dell’amministrazione, affermando che in sostanza non sempre ciò che è giusto è anche legale, e allora ecco che la giunta comunale si riunisce e firma una delibera per querelare il giornalista. Succede questo a Lecce, dove la politica è abituata solo a leggere articoli che narrano la cronaca dei fatti o che riportano comunicati stampa.
Il filobus, è l’esempio di come un’opera nasce priva dell’attenzione alla Cultura della creazione di un’intelligenza collettiva in grado di azzerare l’asimmetria delle conoscenze, sulla quale si basa la distanza tra chi governa e chi subisce il governo. Quell’asimmetria che va eliminata se e solo se alla base vi è la consapevolezza del sapere e di una coscienza critica.
Un nuovo modo di intendere la città passa da uno sguardo all’esterno della stessa, dall’analisi di quello che succede attorno ad essa. Una nuova politica è tale se si riescono a portare a livello locale le discussioni globali. Se si riesce a comprendere che Lecce è soggetta alla deriva di questo modello sociale imposto dai pochi a scapito dei tanti. Non si può cambiare la sorte di una comunità se non ci si ribella in varie forme. E quelle forme passano anche da una proposta politica alternativa nei fatti, che non guarda solo al pragmatismo che spesso si riduce in sterile promessa elettorale, se non supportata da un’idea politica forte che ha le basi in un amore per la politica e dal senso dell’appartenenza. Quell’amore che si manifesta nell’impegno costante e intenso di una vita.
Quell’impegno che risiede nel portare avanti un’idea senza farsi turbare dalla logica del consenso in voga nei comitati elettorali sparsi per le vie centrali della città.
È di idee che bisogna parlare se si vuole realmente il cambiamento in uno scenario politico che è sotto scacco dalla logica leaderistica. Ma se di persone si deve parlare, l’unica per la quale vale la pena farlo è Luca Ruberti (nella foto, ndr). Perché parlando di Luca, non si può che parlare di idee. Quelle idee incui credere e che hanno trovato le gambe giuste per camminare, Lecce Bene Comune. Chi è accanto a lui non può fare a meno di notare la tensione caratteristica di ogni candidato, con una piccola differenza che lo distingue dagli altri. L’entusiasmo incondizionato di chi è stato sempre dalla stessa parte, di chi ha creduto e continua a credere nella lotta. Di chi preferisce combattere invece di sperare. Di chi non vuole vincere a tutti i costi ma lottare per cambiare questo sistema.
Luca lo fa da sempre e lo farà per sempre. Perché al di là dei programmi delle domande e delle risposte c’è qualcosa in più in Luca e Lecce Bene Comune. La voglia di riscatto per le persone, la voglia di lottare contro chi del territorio e delle istituzioni ne fa merce propria.
Perché a Lecce non bisogna vincere le elezioni. Bisogna cambiare il volto di questa città. E Luca Ruberti insieme a Lecce Bene Comune non possono fare altro.
ERNANI FAVALE – SEGRETARIO PROVINCIALE DEL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA
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