50 ANNI FA MORIVA TOTO’ IL PIU’ GRANDE COMICO ITALIANO, CENSURATO DALLA RAI PERCHE’ ERA DI DESTRA
(m.v.)______Antonio De Curtis, in arte Totò morì il 15 aprile del 1967, scrisse, ed è stato profetico: « Al mio funerale sarà bello assai perché ci saranno parole, paroloni, elogi, mi scopriranno un grande attore: perché questo è un bellissimo Paese, in cui però per venire riconosciuti qualcosa, bisogna morire”.
In occasione del cinquantesimo della morte, IL MATTINO vuole mostrare il Totò censurato, ma, come al solito qualcosa non torna.
Ed ecco come il giornale presenta l’iniziativa:
«Il segreto di Totò», le immagini della serata in programma martedì 11 aprile alle 19, al cinema Filangieri di Napoli, ci regaleranno spezzoni del Totò censurato, per un motivo o l’altro considerato «troppo» in un’Italia bigotta e puritana che si scompisciava di risate per la sua maschera, ma non voleva disturbare il conducente, nemmeno per sbaglio. Poteva mai il nostro eroe sfotticchiare senza malizia la polizia in «Totò e Carolina», peraltro diretto da Monicelli, o peggio ancora muoversi mentre su un camion di operai si cantava «Bandiera rossa»?
A fermarsi alla lettura di queste prime righe, si ha l’impressione di avere a che fare con un attore censurato perché aveva delle simpatie politiche di sinistra, in un periodo storico in cui la Democrazia Cristiana faceva il bello ed il cattivo tempo, ma le cose non stanno così.
Capisco che oggi sia scandaloso ricordarlo, ma il grande TOTO’, fu messo al bando dalla RAI per ben 7 anni per aver dichiarato pubblicamente le sue simpatie per la destra.
Ma ecco cosa si legge sulla sua biografia.
“La televisione
Totò incontrò la televisione già nel 1958, insieme a Mario Riva nel programma Il Musichiere. Fece ritorno solo nel 1965, invitato da Mina nella trasmissione Studio Uno, partecipando a due puntate: nella prima, subito accolto da un lunghissimo applauso, presentò la sua canzone Baciami, lasciando cantare Mina mentre lui interveniva facendo da contrappunto alle parole della canzone con qualche sua classica battuta. Nella seconda puntata, nel 1966, ripropose invece un vecchio sketch (Pasquale) con Mario Caste.”
Sul perché gli sia stato vietato per 7 anni, dal 1958 al 1965 di mettere piedi nelle sedi RAI neppure un accenno.
Come vedete Grillo non fu il primo comico ad essere esiliato dalla televisione di Stato.
Insomma, se oggi la Rai può farci rivedere la più grande cantante italiana duettare con il più grande comico italiano, lo dobbiamo a Mina che puntò i piedi per averlo suo ospite.
Fu sempre inviso agli intellettuali, e la critica cinematografica gli fu sempre ostile, ma i teatri e le sale cinematografiche erano sempre piene quando lui recitava, era il popolino, sopratutto quello meridionale, che gli era grato perché per due ore o poco più potevano ridere a crepapelle grazie alla comicità futurista e surreale di Totò.
E se oggi le nuove generazioni conoscono e apprezzano quest’attore, quanto e forse più dei loro nonni, ciò è la dimostrazione della modernità del personaggio.
Infine va detto che Totò non fu solo attore comico, ed addirittura alla fine della sua vita, quando ormai era quasi completamente cieco, decise di farsi dirigere da Pierpaolo Pasolini.
Il regista “conosceva benissimo l’opera di Totò, aveva visto tutti i suoi film e apprezzava molto il fatto che in lui la maschera del clown si fosse mescolata con quella napoletanità bonaria, che lo rendeva un uomo semplice, un essere di un’umanità estrema. Dal canto suo, Totò nutriva invece molte riserve verso questo “strano” individuo che non faceva mistero della sua omosessualità e, da quanto scrivevano i giornali, provava anche un certo gusto del crimine.
Ma dopo le prime diffidenze, i due trovarono un’intesa tale che girarono diversi film.
Totò che aveva sempre recitato a “soggetto” si trasformò nel personaggio che il regista gli aveva chiesto, eliminò lo sberleffo, l’aggressività, sostituendola con un’infinita dolcezza ed una tenerezza fino allora inedita per il personaggio Totò.
Ma Totò non fu solo attore a tutto tondo, non dimentichiamoci che fu autore di tante canzoni, la più conosciuta è forse la più struggente, colma d’amore e di risentimento è “Malafemmina”, e ha scritto libri di poesie come “A livella”.
Lui che aveva combattuto per una vita per salire gli scalini sociali ad uno ad uno, passando dalla miseria sino a “diventare” un principe, lui che aveva patito la fame, e che per rispetto al lavoro quando gli veniva offerto non lo rifiutava mai, anche quando si trattava di interpretare filmetti senza una sceneggiatura decente, con questa poesia ci riporta alla nostra condizione di umani, che ci arrabattiamo per una vita, nel tentativo di ritagliarci un nostro spazio, un’identità una collocazione sociale o culturale ben precisa, ma poi…..arriva la morte, che livella tutto e tutti.
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