TAP/ GIORNATE DI TREGUA SUL CANTIERE. LO STATO, LA REGIONE SORDI ALLA VOLONTÀ DEL POPOLO CHE CONTINUA AD URLARE: NO TAP, NE’ QUI NE’ ALTROVE
di Eleonora Ciminello_______Da ieri sulle strade e nell’area adiacente al cantiere TAP tutto tace. I membri del comitato NOTAP da giorni ormai accampati nelle immediate vicinanze del cantiere, assieme ad altri attivisti, non hanno sentito arrivare i mezzi delle forze dell’ordine e con essi quelli della compagnia svizzera TAP.
Il silenzio, fanno sapere fonti TAP, è dovuto alla volontà di far avvicendare gli agenti di polizia, carabinieri, guardia di finanza, impiegati nei giorni scorsi in un apocalittico servizio “d’ordine pubblico”.
La prima domanda che mi pongo è: “Come è concepibile che dei servitori e difensori dello Stato siano impiegati contro la cittadinanza, i sindaci, i consiglieri regionali, per difendere gli interessi e le attività di un’azienda privata, qual è appunto TAP?”
E quando parlo di usare contro, intendo proprio contro. Un vero muro di uomini contro un altro muro di vite umane.
Dopo la concitazione degli eventi di questi giorni voglio sottolineare però alcuni elementi importanti, che credo che i cittadini che si nutrono di telegiornali e giornali cartacei dovrebbero conoscere, vista l’informazione, in alcuni casi, fuorviante fornita al lettore o al video spettatore inconsapevole.
Partiamo dagli scontri. Gli scontri non hanno visto contrapporsi agenti e terroristi, agenti e teppisti, agenti e criminali, bensì agenti e ragazzi delle scuole, donne e nonne, nonni e uomini, sindaci, consiglieri regionali e parlamentari.
La protesta (fino a prova contraria garantita dal diritto costituzionale a manifestare il proprio dissenso), è stata pacifica: come dimostrano gli scatti e le riprese che viaggiano in rete, i manifestanti si muovono a mani alzate. Pacifici e disarmati insomma, esattamente come avvenne sui binari di San Pietro Vernotico d’altronde, quando i cittadini vennero fatti passare dalla maggior parte delle testate come pericolosi anarchici o “terroristi”.
Innanzitutto, quindi, la realtà che tutti dovrebbero aver ben chiara è che esiste in Salento un popolo pacifico ma determinato, pronto a manifestare il suo dissenso nel momento in cui viene calpestato il suo sacrosanto diritto all’autodeterminazione.
Le forze dell’ordine, inviate in tenuta antisommossa, hanno eseguito degli ordini. Ordini inviati dall’alto, questo è chiaro, ordini che hanno imposto di muoversi contro un popolo armato solo della sua dignità. Proprio in questi attimi, davanti a queste immagini, ogni sguardo, ogni lacrima, ogni sforzo è stato testimone di un Tradimento: della Costituzione, della Democrazia, del Diritto, di ogni Principio di Libertà.
L’evidenza è che il Governo italiano, si è tramutato in un governo del terrore e del potere, intenzionato a ridurre le proteste in lotte muscolari, scontri di forza, fra agenti e manifestanti.
Se il Governo italiano è stato mosso in questi giorni dalla convinzione di provocare una resa o di spaventare i cittadini con la violenza, se sperava di accertare la morte di un Popolo Libero, sarà rimasto con l’amaro in bocca dinanzi alla Rinascita di un Popolo Consapevole: il Salento ha dimostrato di resistere, agli scontri e alle manganellate, ha dimostrato di essere caparbio, di essere convinto che la forza non può corrompere le coscienze.
Non è stato un caso se tanti manifestanti, fronteggiando gli agenti in tenuta antisommossa, si sono ritrovati a chiedere la medesima cosa: “unitevi a noi, toglietevi i caschi, lasciate gli scudi, non servite questo Stato!”
Si, perché questo Stato ha tradito anche loro, coloro che più fedelmente di ogni altro lo hanno servito. Gli sguardi abbassati di molti agenti descrivono una presa di coscienza amara che prima o poi presenterà il suo conto.
TAP ed il Governo italiano hanno ottenuto l’unica cosa fuori dalla loro portata e dal loro controllo: il risveglio di una coscienza collettiva.
A svegliarsi, infatti, non è il solo Salento e la Puglia. Messaggi di solidarietà a chi urla #NOTAP sono giunti da ogni dove: da Milano a Bologna ed Alessandria, dal collettivo di Biologia dell’Università la Sapienza di Roma a Link Lecce che ha chiesto mediante una petizione al mondo accademico ed al magnifico rettore Vincenzo Zara di schierarsi con il movimento NOTAP, petizione che ha sforato in pochissimi giorni le 15 mila firme. Non mancano gli appoggi nemmeno dal mondo politico, da De Magistris al Consiglio Regionale del Molise, il quale definisce quella dei NOTAP una “mobilitazione giusta”. Si aggiungono alle città, agli enti ed alle associazioni, numerosissimi artisti in primis Fernando Blasi, in arte Nando Popu dei Sud Sound System, al fianco dei NOTAP da anni, e i 99 Posse, ma anche Caparezza, Lo Stato Sociale, Mannarino e centinaia altri.
D’altronde quella del comitato NOTAP è una lotta cominciata anni addietro, fatta di studio meticoloso sui progetti e le autorizzazioni, di denunce e lotte “carte alla mano”. Per comprendere come essa non sia una lotta contro l’espianto di 211 ulivi ma una lotta contro un “micro-macro” tunnel, voglio prendere spunto dalle parole di Gianluca Maggiore del Comitato NOTAP, membro della commissione tecnica sul progetto TAP, diffuse in un video che circola su youtube.
Dal cantiere “deve partire un tunnel che passando sotto la pineta, la spiaggia e le prateria di Posidonia spunta in mare a circa 850 metri di distanza, per una lunghezza complessiva di circa 1 chilometro e mezzo”.
Il tunnel prevede: “un pozzo di spinta, in cui sono inseriti tubi di cemento lunghi tre metri e con tre metri di diametro, che vanno a spingere una fresa tramite dei martinetti idraulici”. A questo primo tubo vengono collegati altrettanti tubi della medesima portata per una lunghezza di un chilometro e mezzo.
Il problema primario dell’intero sistema è che non vi è alcuna struttura a sostegno del pozzo di spinta o degli elementi che compongono il tubo.
“La questione è molto molto seria. Quello che noi diciamo è che si sta mettendo in piedi un cantiere di 2,6 ettari, espiantando anche degli ulivi, anche se il progetto è stato cambiato, perché il Ministero stesso ha sostenuto che il pozzo di spinta non può essere sostenuto dal tipo di terreno sottostante: la falda, qui, è a circa un metro e mezzo di profondità ed esistono cavità carsiche dappertutto.”.
Un altro grave problema riguarda le emissioni. Sebbene l’area dell’attuale cantiere non sarà coinvolta da emissioni, “dopo 8 km di tracciato fra Calimera, Melendugno, Vernole e Castrì, per un totale di circa 3 chilometri e mezzo di raggio ci sarà una centrale di depressurizzazione che ha 12 ettari di estensione. Questa centrale prevede 2 caldaie con una potenza termica di 7 megawatt per scaldare il gas, perché proviene ad alta pressione dal mare”: quindi già queste due caldaie producono emissioni bruciando gas.
“Poi ci sono due camini di sfiato con un’area sterile di 87 metri intorno che servono a depressurizzare tutto il gasdotto, tutto l’impianto, quando l’impianto parte, si ferma o è in manutenzione”.
Dai camini di sfiato di depressurizzazione verranno costantemente emessi fumi. Di cosa? TAP asserisce che sia metano, ma se così non fosse e dalla centrale cominciassero a venire emessi cocktail di idrocarburi, come si vivrebbe nei paesi limitrofi? La salute dei cittadini non ne sarebbe compromessa? Se così fosse, la risposta è: assolutamente sì.
Melendugno e tutti i paesi limitrofi, ed ovviamente la spiaggia San Basilio, terre che vivono di turismo e di agricoltura, non hanno che da perdere da quest’opera in termini di economia, bellezza paesaggistica e salute, ed allora, un’opera di questo genere definita di interesse pubblico, a chi serve?
Il gasdotto che TAP intende costruire non serve alla Puglia, non serve all’Italia e non serve nemmeno all’Europa: di gasdotti il vecchio continente è già pieno mentre il consumo di gas è in diminuzione grazie all’avvento di energie rinnovabili. Il gasdotto risponde quindi, solo a logiche economico-finanziarie private che pensano di far pagare il prezzo del loro operato ai territori in cui si insediano ed ai loro abitanti.
Il progetto come detto da più parti è attualmente in un pantano.
Il primo progetto è stato variato dalla stessa società che ne ha presentato un’altro attualmente in attesa di valutazione di assogettabilità a nuova VIA. L’autorizzazione ad espiantare è arrivata dall‘Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia il 6 marzo 2017 il quale “ai sensi del Decreto del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali del 7 dicembre 2016 che abroga il Decreto del 19 giugno 2015, comma 11, articolo 12, la Società TAP ‘Trans Adriatic Pipeline’ allo spostamento, in area avente le stesse condizioni territoriali e fitosanitarie, delle 211 piante di olivo campionate, georeferenziate e risultate negative ai test di laboratorio per l’accertamento della Xylella f. a seguito di controllo ufficiale del Servizio Provinciale dell’Agricoltura di Lecce”.
L’Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia presieduto dal dirigente di sezione Silvio Schito, già indagato nel caso xylella, è preposto a rilasciare tale autorizzazione? Poniamo che abbia piena autorità a farlo, con la stessa autorità e compresa la gravità della situazione, non possiede pieni poteri per ritirarla in autotutela? Che sciocca che sono: il dirigente Schito…
Ma se quindi Schito è sordo alla volontà popolare, il Presidente Emiliano, governatore di Puglia che fa? A sua volta non avrebbe potuto consigliare al suo dirigente di fare la cosa giusta, o farla lui stesso la cosa giusta e ritirare l’autorizzazione in autotutela, in attesa che sia rilasciato l’esito della VIA? Possibile che il Presidente della Regione Puglia non abbia alcuna autorità sui suoi dirigenti e distaccamenti vari? Sembra davvero un paradosso. Ascoltare e farsi portavoce delle volontà della sua Regione non è fra i suoi compiti, o il Presidente è deputato solo a far campagna elettorale?
Certo però, qualcosa in questi giorni l’ha fatta: è stata appena pubblicata la Legge sulla Xylella, in cui si annuncia l’estirpazione di ogni ulivo “infetto” e di tutte le piante ospiti nel raggio di 100 metri, oltre ovviamente a autorizzare “la sostituzione delle piante infette con cultivar della stessa specie per le quali vi è stata dimostrazione scientifica di maggiore tolleranza all’organismo specificato” sempre che ciò non sia vietato da norma sovraordinata, come di fatto è oggi, ed infine l’istituzione di Arxia, l’agenzia per l’innovazione agricola. Insomma, estirpare, reimpiantare per far contente le aziende, e solo quelle, e dar vita ad un nuovo carrozzone pronto a mangiare i soldi pubblici.
In quanto a TAP invece, il Presidente ha pensato bene di intervenire sostenendo lo spostamento di questa inutile opera “strategica” a Squinzano: ma forse, non essendo presente nei cortei e sul presidio NOTAP non ha ascoltato bene dallo schermo del televisore la voce dei salentini e dei pugliesi. Per questa ragione voglio farmi un po’ megafono della voce di chi era lì ma anche delle migliaia di persone che non c’erano: LA TAP NON LA VOGLIAMO NE’ QUI NE’ ALTROVE.
L’accanimento nei confronti della Puglia da parte di enti, stato e regione su tutti i fronti è ormai palese: dall’Ufficio Fitosanitario che ha avuto delle responsabilità nella questione xylella e che continua oggi ad essere decisore delle sorti del territorio con TAP, al Governo che tratta la Puglia come terra di confine, alla Regione che si è comportata come Ponzio Pilato in ogni situazione importante, giocando allo scarica barile e finendo col contentare il miglior offerente, sino infine ai politici locali che non si pronunciano, se non quando hanno altri interessi in gioco.
Dalla xyllella alla TAP la strada da percorrere è sempre la stessa: quella che porta denaro.
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