CARLO SALVEMINI PARTE NELLA CAMPAGNA ELETTORALE CON UNA CONVENTION DEL POPOLO DELLA SINISTRA LECCESE, AL QUALE CHIEDE DI CREDERE NEL SUO SOGNO: “Una città amica di chi ha di meno e di chi è più bravo”
di Giuseppe Puppo______
‘Stavolta tutto è possibile. Lo slogan della campagna elettorale scelto dal candidato sindaco del Pd fotografa la realtà in movimento. Ma non vale solo per lui, vale per tutti e quattro gli aspiranti successori di Paolo Perrone, tutti e quattro del resto decisi a cambiare.
E certo Lecce ha bisogno di cambiare. Ma cambiare davvero! Tutto quanto, sovvertendo il clima asfittico che la ammorba da decenni, la melassa vomitevole della maggioranza dei salotti invisibili, delle quattro-cinque famiglie che decidono tutto, pure dell’ opposizione che non c’è mai stata, dei mister preferenze, delle logge massoniche e para massoniche, delle clientele, del pressappochismo dilagante, dell’ insostenibile leggerezza del buonismo cortese quanto falso.
Già, di ‘società civile’, ‘partecipazione’, ‘politica come servizio’ ormai parlano tutti, il problema però è di essere credibili: far diventare cioè i messaggi, obiettivi; i mezzi, fatti.
Decideranno i cittadini elettori, ancora non si sa quando di preciso, fine maggio, primi di giugno, valutando questa lunga e difficile campagna elettorale oramai già in pieno volgimento: vincerà chi di loro riuscirà a essere più credibile.
Intanto ‘ stasera all’ Hotel Tiziano c’è stata la prima uscita pubblica di Carlo Salvemini, che ha chiamato a raccolta il suo popolo, quello della lista ‘Lecce Bene Comune’, e quello del Pd che, alla fine, dopo tante tribolazioni e non senza mal di pancia, l’ ha designato, mentre qualcuno se n’è andato da un’ altra pate, e nel frattempo c’è stata la palindromatica scissione nazionale.
Dopo aver annunciato che non si sarebbe ricandidato più nemmeno in consiglio comunale, considerandola “un’ esperienza conclusa”, e rianimato di colpo dalla designazione, piovuta dall’ alto, e non dal basso, dalla base, checché ne abbiano detto in sala a più voci, in questo mese egli ha recuperato vigore ed entusiasmo.
‘Stasera li ha trasmessi al suo popolo, “un corpo plurale”, l’ ha definito, che ha risposto all’ appello. La sala era gremita, c’ erano più di quattrocento persone, che, superato un’ iniziale aria di circostanza, si sono lasciati in buona parte sedurre.
Da questo punto di vista la serata, stile convention americana, con tanto di presentatore-imbonitore-esaltatore, il giovane assessore alla cultura di Castrignano dei Greci, Paolo Paticchio, e tanto di ospite d’ onore, il presidente della regione Puglia Michele Emiliano, del cui intervento riferiremo a parte a seguire, con le domande, le ovazioni, e le immancabili slide, è stata un successo.
Il dato politicamente più rilevante emerso dalla serata è stata la frase scoperta dal consigliere Carlo Salvemini nella delibera dell’ attuale giunta in cui essa si costituisce parte civile nel processo penale per la vicenda dei filobus, definita “un’ opera pubblica frutto di attività illecite che comporta per l’ amministrazione comunale un danno con effetti permanenti”, perfetto, peccato che sia stata opera loro.
E via con le accuse sui filobus, su via Brenta, sulle assegnazioni delle case popolari (ma “sono garantista“, ha puntualizzato), sul clima di favoritismi, pressappochismi, incapacità, che ha imputato al ‘ventennio’ di centro – destra.
Poi, molto convincimento, dopo l’ auto – convincimento, quasi un training autogeno, quasi un diktat motivazionale, stile convention americana, stile summit aziendale, mancava solo la pista dei carboni ardenti su cui camminare a piedi scalzi, ripetendo: siamo pronti a governare, intercettiamo e interpretiamo il cambiamento, la voglia di novità, ce la possiamo fare, ce la dobbiamo fare, alziamo la testa, alziamo l’ asticella, mettiamo il cuore oltre l’ ostacolo, e così via, in un crescendo rossiniano fino alla fine.
Anche Carlo Salvemini ha un sogno: “una città amica di chi ha di meno e di chi è più bravo”, di chi non deve chiedere favori, per avere quelli che sono diritti.
Parlando a braccio, smaliziato e accattivante, ha riproposto una figura antica, di quella sinistra buona, dei libri di scuola, dei professori burberi, dei padri nobili, ideologizzata, invece adesso riverniciata di movimentismo, partecipazione, solidarietà. E un pizzico di stelle e strisce, alla Clinton, ovvio, mica alla Trump.