Ansiolitici: sempre più sostanze tossiche nel mare rendono i pesci più aggressivi.
La ridotta informazione e la cassa di risonanza ancora più debole da parte dei media non contribuisce a far sì che si prenda reale consapevolezza del danno ambientale che va via via accrescendosi col tempo. E’ scientificamente provato sin dai primi studi compiuti negli anni ’80, fino a quelli più vicini ai nostri giorni, che ogni anno migliaia di tonnellate di farmaci e prodotti per il corpo e la pelle, profumi, cosmetici e biofarmaci vengono smaltiti nelle acque terrestri, con massicce conseguenze in fatto di inquinamento delle acque stesse, di chi ci vive dentro e dell’uomo. In questi giorni un esperimento dell’Università svedese di Umea, pubblicato sulla rivista Science, ha dimostrato che i residui dei farmaci contro l’ansia che raggiungono gli ambienti acquatici dagli scarichi domestici attraverso le fognature rendono i pesci più aggressivi, asociali e voraci. Secondo i ricercatori, le conseguenze sull’equilibrio degli ecosistemi potrebbero essere gravi e imprevedibili. I cambiamenti del comportamento rendono più audaci gli esemplari studiati, mettendone a repentaglio la sopravvivenza. A conferma di ciò, la notizia pubblicata in questi giorni sui media traslazionali che riporta l’aumento degli attacchi di squalo nei confronti di esseri umani. Nel 2010 in tutto il mondo ne sono stati registrati 79, il numero più alto degli ultimi dieci anni, secondo quanto si legge nell’ultimo rapporto ISAF, appena pubblicato dai ricercatori dell’università della Florida.
Secondo Giovanni D’Agata, questo nuovo studio è un significativo campanello d’allarme a causa di una sorta di negligenza da parte di molte industrie che si mostrano incuranti e indolenti rispetto al problema. Il problema è anche di carattere tecnico che va risolto con lo sviluppo di impianti di depurazione in grado di eliminare anche i residui di questi medicamenti, attraverso una maggiore efficienza degli impianti di depurazione delle acque reflue, per merito anche di una regolamentazione più attenta ad arginare il fenomeno nell’ottica di una “farmaceutica ecosostenibile“, cioè che tenga anche conto dei risvolti ambientali.
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