UNA DESTRA IN FRANTUMI

| 1 Febbraio 2013 | 0 Comments

UNA DESTRA IN FRANTUMI
Con le prossime elezioni di febbraio, sembra destinato ad arrivare al culmine il processo di disgregazione della destra politica italiana.
Vent’anni fa, nel dicembre 1993, la destra italiana, ancora incarnata dal Msi-Dn, sfidava alla pari, nei ballottaggi per le elezioni amministrative, i rappresentanti della sinistra (con un centro travolto dalla stagione di tangentopoli). Epici gli scontri di Roma (Fini-Rutelli) e di Napoli (Mussolini-Bassolino). Da lì, da un vasto consenso elettorale, è nato il cosiddetto “sdoganamento”, che poi porterà, nel 1994, alla fondazione di Alleanza Nazionale e al primo governo di centrodestra.
Oggi, la forza propulsiva ed aggregante della destra italiana appare dispersa in mille rivoli, con una conseguente perdita di peso politico : resistono, con scarsi margini di autonomia, gli irriducibili difensori del PdL (Altero Matteoli-Maurizio Gasparri-Gianni Alemanno), spinti, più per necessità che per convinzione, a difendere il partito di Berlusconi-Alfano, pur essendo mal sopportati dalle frange dell’estremismo ex forza italiota; tentano la sfida elettorale in autonomia, con tutte le incognite determinate da una scelta affrettata, i “Fratelli d’Italia” di Ignazio La Russa-Giorgia Meloni-Crosetto; appaiono destinati alla scomparsa i pretoriani di Gianfranco Fini, con un Fli lacerato dalle polemiche e dall’inconsistenza organizzativa e politica; spera in una rimonta la Destra di Francesco Storace, comunque schiacciata da percentuali risicate; torna alla carica l’orgoglio meridionalista del movimento Io Sud, capitanato da un’altra ex-An, Adriana Poli. E poi centinaia di abbandoni, di non-ricandidature, anche eccellenti, come l’ex sottosegretario Alfredo Mantovano.
Grande, insomma, è la confusione sotto il cielo della destra italiana.
Quali le cause di questa crisi ? Certamente la mancanza di una leadership forte, al centro e in periferia, in grado di stemperare i personalismi, di favorire il ricambio delle classi dirigenti, di tenere alta la guardia rispetto ai programmi e agli impegni da mantenere; poi la perdita d’ identità, in un contesto che, sull’onda del superamento delle vecchie categorie politiche, ha annacquato e banalizzato un retaggio storico; infine il prevalere delle logiche ad excludendum piuttosto che quelle “inclusive” seguite nella fase nascente e movimentista.
Come finirà ? La “moltiplicazione dei marchi” non favorirà la collocazione del “prodotto-destra”. Prevedibilmente avverrà il contrario, viste le delusioni ed il disincanto di tanti elettori. Quel che è certo è che, alla fine, ad urne aperte, non resteranno che i cocci, rappresentati dai tanti, piccoli pezzi di quella che avrebbe potuto essere una “grande Destra” e che – alla prova dei fatti – non è stata. Una “grande Destra” che tuttavia, tirate le somme, anche elettorali, per quanto segnata dalla diaspora ha i numeri (e soprattutto- sulla carta – i valori e le idee) per giocare un nuovo ruolo nei precari assetti politici nazionali che le prossime elezioni preannunciano. A patto finalmente di fare ammenda degli errori del passato, di abbandonare certi personalismi d’ambiente, di mettere da parte il pressapochismo e gli accomodanti compromessi, ritrovando la passione per le grandi sfide (culturali, politiche e sociali). Per tornare ad essere protagonisti del cambiamento…
Mario Bozzi Sentieri

Category: Riceviamo e volentieri pubblichiamo

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