“Mi piace camminare sulle macerie del mio tempo”, E NICOLA VACCA, IERI SERA ALLA LIBRERIA ‘PALMIERI’ DI LECCE, HA REGALATO MOLTEPLICI SUGGESTIONI DI BELLEZZA

| 6 Novembre 2016 | 0 Comments

di Giuseppe Puppo______

“Nessuna meta è irraggiungibile, quando ho qualcosa da dire”, uno dei suoi versi, di cui è colma la vita di Nicola Vacca, ieri sera a Lecce, alla libreria ‘Palmieri’, per presentare il saggio, a metà fra esegesi critica e compiaciuta divulgazione, che ha appena finito di scrivere, “Vite colme di versi. Ventidue poeti dal Novecento“, Edizioni Galaad.

Di cose da dire, Nicola (secondo da sinistra, nella foto di Dario Covella) ne ha avute tante, ieri sera, per di più pungolato dagli amici Paolo Fiore, Alessandro Vergari e Giuseppe Cristaldi, in un ‘concerto’ poetico a più voci, durato un’ ora e mezzo di incanti, esteso anche ai presenti in sala, che hanno variamente commentato e proposto, o hanno reagito, come quando il relatore si è lamentato del fatto che in Italia le librerie tengono i libri di poesia negli infimi scaffali, o accatastati nel magazzino, e si è sentita pronta la voce di Daniela Palmieri, la padrona di casa: “Eh no! Alla Liberia Palmieri no! Stanno sempre esposti in prima fila!”.

Ne siamo tutti contenti, Daniela. Le fa onore. E grazie per aver organizzato l’ incontro. Sono sempre belle queste serate di delizie spirituali, di nutrimento estetico. Lasciano sempre, in ognuno dei partecipanti, qualcosa, che magari se ne sta nascosto in un canto dell’ animo, e poi, magari dopo un mese, un anno, un decennio, riemerge all’ improvviso, ed esplode, entro e fuori, di bellezza.

Chissà, per il verso giusto, ma pure in quello sbagliato, che cosa è rimasto in ognuno dei tanti presenti, ieri sera.

Forse, le stroncature del relatore sulle consorterie, le conventicole, i gruppi dominanti, le industrie culturali, i supermarket del commercio culturale, gli esponenti della descrizione, cioè del nulla, per quanto celebrati, o sopravvalutati.

Forse, i suoi odi viscerali, come quello per Alessandro Baricco, compiutamente sviscerato.

Oppure, il filo rosso che Nicola ha cercato di dipanare per unire i ‘suoi’ ventidue poeti maledetti favoriti, favoriti perché colmi di ‘devianza’, molti dei quali misconosciuti e insondati, ai quali egli così ha ridato la giusta dignità: un legame di sofferenza, di dolore, di anticonformismo non vissuto nella comoda ostentazione, perché la poesia non è virtuosismo stilistico, non è un comodo aggiustamento, ma uno scomodo sconvolgimento, nel disagio dell’ esistenza e nell’ agio di porsi contro.

Chissà.

“Mi piace camminare sulle macerie del mio tempo”, ha detto, fra le tantissime alte e altre cose, ieri sera, Nicola, con dentro, chiarissima, l’ eco poundiana.

Formica solitaria di un formicaio devastato, ipse scriptor, Nicola Vacca ha scavato nei sotterranei rovinosamente crollati delle ideologie, fra le gallerie del Novecento, dove però stanno, indistruttibili, le radici della nostra identità di contemporanei.

Ha scavato tanto, poi, dentro sé stesso, fra le pagine chiare e le pagine scure della sua esistenza.

Ne ha tratto tante suggestioni, molte regalate ieri sera ai presenti.

Ha visto tanto, con la sua luce nera, e come ciò sia possibile è spiegabile solamente con i miracoli di cui è capace la poesia.

Un nichilismo senza rimedio il suo, che lo porta a un pessimismo attuale, che non conosce speranza, e si esercita, a volte anche in maniera ingenerosa, per partito preso, pure su fenomeni sociali e politici che andrebbero da lui meglio analizzati, in maniera non superficiale,  se non altro, in altra sede.

Partiti? Movimenti? Gruppi? Associazioni? Club? Consorterie? Massonerie? Idee? Soluzioni?

No, non chiedere a Nicola la parola che squadri da ogni lato l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari, non domandargli la formula che mondi possa aprirti. Lui ti dirà solo ciò che non è, ciò che non vuole.

Puoi però sempre parlare con lui, e comunque, fra motivi e personaggi, fra accalorate disamine, in concordanza, o in dissonanza, non importa, comunque con lui, dovunque tu sia, non si sente altro che il caldo buono, dell’ Arte, della Cultura e della Bellezza, con le quattro capriole di fumo del focolare, che egli è sempre capace di accendere, e di attizzare.

 

 

Category: Costume e società, Cronaca, Cultura, Eventi, Politica

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