UN SOTTOSEGRETARIO DI STATO AMICO DELL’ AZERBAIGIAN CHE DA’ I NUMERI. UN PORTAVOCE CHE USA LA VOCE SOLO PER PARLARE AL TELEFONO PER FATTI SUOI. UN MINISTRO CHE RIBADISCE. E UN PRESIDENTE AVVOCATO. ECCO IL RACCONTO INEDITO DEL SINDACO MARCO POTI’ SULLA NOTTE ALLUCINANTE PASSATA A PALAZZO CHIGI A ROMA
di Giuseppe Puppo______
Beh, è stato un caso, certo, come mi conferma Maurizio Pascali, dal momento che la programmazione era stata fatta, ovviamente, tempo prima, però certo l’ apertura del nuovo ciclo di incontri di Lecce Bene Comune, denominato Università della Strada, con questa serata dedicata allo stato dell’ arte del costruendo gasdotto Tap, è arrivata al momento giusto, proprio “sulla notizia”, come si dice in gergo giornalistico, nel bel bezzo delle ultime 24/36 ore, prima della “soluzione finale”.
Relatori (nella foto): reduce dalla notte romana a Palazzo Chigi, il sindaco di Melendugno Marco Potì e, reduce dalla raffica di comunicati sparata nelle ultime ore, il portavoce del Comitato No Tap, Gianluca Maggiore, oltre al professore dell’ UniSalento Michele Carducci, e a Francesco Calabro, uno degli avvocati che assiste gli attivisti coinvolti in procedimenti giudiziari.
La sala è gremita al massimo, posti in piedi e file di gente fuori. Fa ben sperare, perché la partecipazione, la condivisione, l’informazione saranno fondamentali nei prossimi mesi, più di prima, han detto i relatori.
“Non lasciateci soli! Non siamo soli! Partecipate!” – è stato l’ appello finale di Marco Potì. “La battaglia la porteremo avanti. Ci darà ragione. Per vincerla, dobbiamo cambiare il sistema” – quello di Gianluca Maggiore.
Ora, mi scuso con Maggiore, Carducci e Calabro se dei loro brillanti interventi farò solo una sintesi estrema. E’ che non sto più nella pelle di raccontare ai lettori di leccecronaca.it quello che ho sentito poco fa, non senza stropicciarmi gli occhi e le orecchie, da Marco Potì, a proposito di ieri notte a Roma, di cui poco e punto si è saputo finora, un elemento giornalisticamente inedito e credo anche politicamente rilevante, comunque della più stringente attualità.
Una ricostruzione, ve lo anticipo, allucinante quanto incredibile.
E allora. Il professor Michele Carducci ha analizzato in maniera chiara ed esaustiva le ragioni giuridiche dell’ opposizione a Tap, evidenziando i punti in cui la multinazionale è in conflitto con le leggi nazionali e internazionali.
L’ avvocato Francesco Calabro ha compiuto una disamina di questioni legali, sia dei procedimenti penali, sia di quelli amministrativi, che hanno colpito gli attivisti, e si è soffermato inoltre sugli aspetti giudiziari disposti invece dalla magistratura a carico di Tap.
E Gianluca Maggiore, da buon leader, ha articolato i motivi per cui la lotta a Tap, “opera di mera speculazione”, del resto già solo di suo abbondantemente in difficoltà, andrà avanti.
Ed eccoci dunque al racconto di Marco Potì, sulla notte scorsa a Roma, a Palazzo Chigi, di cui vi elenco, fedele alle sue parole, i passaggi essenziali, lasciando a voi considerazioni e commenti.
La convocazione istituzionale fattagli telefonicamente la sera di domenica alle 19 dal consigliere della Regione Puglia Antonella Laricchia.
La riunione di lunedì notte che inizia con la presenza del portavoce del presidente del consiglio Rocco Casalino, che non ha parlato mai, perché sempre impegnato a parlare al telefono per conto suo, e di Andrea Cioffi, sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico. Fa parte dell’ associazione interparlamentare amici dell’ Azerbaigian.
Cioffi che dà i numeri, nel senso che tira fuori cifre assurde, del tutto strampalate, a proposito delle presunte penali da pagare in caso di risoluzione del contratto.
Sempre Cioffi che non capisce, o fa finta di non capire, le obiezioni del sindaco, sul fatto che i ministeri non hanno dati certi, anzi, non ne hanno affatto; sul fatto che non si pagano penali, perché un trattato non c’è; sul fatto che il 95% del gas di quest’ opera definita “strategica” per l’ Italia è previsto finiscano a società estere; e cose via, fino a quando il pur mite e paziente sindaco comincia a perdere in mitezza e pazienza.
A Marco Potì viene il mal di testa di insofferenza, ma regge.
Spiega ancora mite e paziente che si può in ogni caso ricorrere ad un arbitrato internazionale, previsto in caso di risoluzione del contratto, e che, dalla casistica pregressa, c’è la metà delle probabilità che l’ arbitrato ci dia ragione, e anche ammesso che ci dia torto, la penale sarebbe di 3 miliardi, non le decine di miliardi adombrate dal sottosegretario amico dell’ Azerbaigian
Sbotta solamente quando sente il ministro per il Sud Barbara Lezzi ribadire che il governo non se la sente di far pagare ai cittadini italiani i costi delle penali.
Ripiglia speranze quando vede il ministro per l’ Ambiente Sergio Costa, l’unico che gli sembra un possibile interventista anti Tap, mentre però gli sembra pure che, contrariamente a quanto aveva a lungo sperato, questo governo sia nello stesso clima che Tap aveva trovato nei precedenti Monti, Letta, Renzi e Gentiloni.
Vuol rimandare a Costa i dossier con tutti i punti di violazione e di conflitto con la legge in cui si trova Tap, visto che quelli mandati in precedenza non hanno dato esito alcuno, eppure basterebbero ed avanzerebbero per fermare l’opera per ragioni economiche e sociali.
Si premura di pregare il ministro di non farli esaminare dagli stessi funzionari che c’erano con i precedenti ministri.
E Conte? Quando arriva il presidente del consiglio il sindaco si rifà sotto, e parla del dovere istituzionale di tutelare la salute dei cittadini, di impedire la costruzione di una centrale potenzialmente pericolosa a ridosso di centri abitati da 20.000/30.000 persone, una centrale del resto di “pura follia ingegneristica“.
E Conte? Il presidente del consiglio sembra adombrato da tanta insistenza: ma come, sembra significare, io a differenza dei miei predecessori ti ho concesso l’ onore di invitarti due volte, ti ho già ascoltato, e tu continui?
E poi conclude dicendo che se pure quelli di Tap hanno responsabilità penali, il governo non può agire giuridicamente.
Capito? Mica politicamente, giuridicamente: Conte insomma pensa al suo ruolo di capo di un governo politico in termini di azioni giuridiche.
E’ rimasto un avvocato, insomma. E al momento non pare affatto che sia nei fatti quell’ “avvocato del popolo italiano” che disse di voler esser il giorno del suo insediamento.______
LA RICERCA nel nostro articolo di questa mattina